Il Cacio va in Paradiso I Fratelli Deroma producono un pecorino che, nelle mani dello Chef Apreda diventa il vanto dell’Hassler”

articolo di LICIA GRANELLO su La Repubblica, 1 marzo 2018

Pecorino romano e alta cucina, che matrimonio se lo chef è Francesco Apreda

Roma, la storia dei fratelli che producono il formaggio amato dal cuoco dell’Imago, il ristorante stellato dell’Hotel Hassler che da aprile cambia menu e impostazione.

di LICIA GRANELLO

Nomen omen. Se il cognome è Deroma e il mestiere di famiglia è allevare pecore, poco conta che tuo padre sia originario di Bitti, cuore della Sardegna, e che la produzione casearia sia diventata l’orgoglio di casa solo dopo il trasferimento in continente, prima a Decima e poi a Torrita Tiberina. In mezzo, innamoramento e matrimonio, mamma capufficio alla società editrice Dante Alighieri, due figli maschi nati alla minima distanza possibile l’uno dall’altro. Mentre i fratellini crescono, il destino è già tracciato, scritto a chiare lettere in etichetta: pecorino romano Deroma, l’unico prodotto nell’intera provincia di Roma, casello RM7.

Quando la storia di Daniele e Claudio Deroma, oggi quasi quarantenni (uno dedito alla produzione e l’altro alla vendita) ha incrociato quella di Francesco Apreda – chef stellato dell’hotel Hassler – è stata attrazione fatale anche per merito del proprietario-direttore Roberto Wirth, quinta generazione di una dinastia di albergatori svizzeri, tre lauree ad honorem e il vezzo del sottotitolo “Stairway to heaven” (titolo di un pezzo iconico dei Led Zeppelin e promessa di momenti celestiali) per il suo albergo, strepitosamente affacciato sulla scalinata di Trinità dei Monti. Wirth, che ha raccolto l’eredità del padre Oscar, ideatore nel 1956 del ristorante-terrazza all’ultimo piano (primo roof top restaurant d’Italia, dove hanno cenato i Kennedy e Charlie Chaplin, Grace Kelly e Fellini, Audrey Hepburn e Stravinskij), è un buongustaio irriducibile.

Il produttore con lo chef Apreda

È stato lui a volere Apreda dopo averlo avuto come stagista da ragazzo. «C’era un cuoco canadese, che mi prese a benvolere. A un certo punto, mi portò a Londra per partecipare a un festival della gastronomia. Rimasi fulminato dalla città e da come venivano trattati gli chef. Scelsi di restare e di lì non ho più smesso di viaggiare, fino a quando il signor Wirth mi ha richiamato». Tra le consulenze in Giappone e quelle in India (negli altri hotel Hassler), Apreda ha imparato e importato il meglio delle cucine di fusione, diventandone un interprete  di alto profilo. «A dieci anni dall’inizio dell’avventura dell’Imàgo, il ristorante gourmet dell’hotel,  abbiamo capito che la globalizzazione ha raggiunto tutti gli angoli del mondo e che è venuto il momento di tornare alle origini. Ad aprile comincerà il nuovo corso: il menu parlerà solo italiano, mentre nel bistrot daremo un’attenzione speciale ai grandi classici della cucina romana». Da lì al pecorino Deroma il passo è stato breve quanto una telefonata: «Ho chiesto aiuto a Vincenzo Mancino di D.O.L. (acronimo di Di Origine Laziale, progetto di selezione e valorizzazione delle eccellenze regionali). La cucina romana è l’unica a utilizzare così tanto il pecorino, che di partenza è un formaggio rustico, quasi aggressivo. Gli ho chiesto di trovarmi delle forme stagionate tra i 14 e i 18 mesi, condizione indispensabile perché la sapidità diventi gentile. Altrimenti punge troppo e soprattutto i clienti asiatici e nordeuropei la scambiano per salinità e non va bene. Ma per poter arrivare a  quell’invecchiamento, occorre un prodotto di base eccellente, difficile da trovare».

Il pecorino Romano DOP Deroma

Basta chiedere, appunto. I fratelli Deroma lavorano il latte di pecore cresciute allo stato semibrado, in gran parte all’interno della Riserva Naturale Regionale Nazzano Tevere-Farfa. Racconta Daniele: «Abbiamo fatto delle scelte forti, per niente facili, ma necessarie al conseguimento del nostro obiettivo, che era quello di fare un pecorino di alta gamma. Paghiamo il latte degli allevatori convenzionati per qualità e non per quantità. Saliamo a secco, manualmente, con dosi ridotte di sale marino. Stagioniamo almeno un anno, arrivando fino a venti mesi e stiamo cercando di andare oltre la termizzazione a 68° prevista dal disciplinare: il progetto è quello di lavorare solo latte crudo. Intanto, siamo usciti dal Consorzio di Tutela — al di là degli adempimenti di legge per la denominazione Dop — perché secondo noi i paletti devono essere più stretti». Il risultato più eclatante di questa santa alleanza è la nuova declinazione di uno dei piatti-firma dell’Imàgo: il risotto cacio, pepi e sesamo. «Frullo un pecorino di 14 mesi con pari quantità d’acqua e metto in frigo. I tre strati che si formano sono propedeutici alla ricetta: con la parte liquida addizionata di brodo di gallina “tiro” il risotto, mentre quella solida, che sale in superficie, serve per la mantecatura finale. Sopra, una grattugiata di fresco e poi la miscela di pepi, sesamo bianco,  nero  e tostato.  In abbinamento, c’è da chiederlo? Una grande bollicina». LEGGI L’ARTICOLO (PDF)

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Origini

La storia del formaggio di pecora è ultra millenaria. Nel De re rustica (primo secolo d.C.), Columella ne descrive la preparazione, che prevedeva la caseificazione con caglio di agnello o capretto e la salatura a secco. Il pecorino faceva parte della razione di cibo giornaliera dei legionari romani

Preparazione

Secondo il disciplinare di produzione Dop (dal 1996) il latte deve essere coagulato con caglio di animali provenienti dai medesimi allevamenti. La salatura può essere a secco o in salamoia, mentre la stagionatura minima è di cinque mesi per il formaggio da tavola e di otto per quello da grattugiare. La cappatura (copertura) può essere fatta con protettivi alimentari trasparenti o neri. Il peso della forma varia tra i 20 e i 35 kg.

Geografia

La zona di produzione abbraccia per intero i territori di Lazio e Sardegna cui si aggiunge la provincia di Grosseto e interessa, secondo tradizione, il periodo compreso tra ottobre e luglio

Valore

Negli anni scorsi, il Pecorino Romano è arrivato alla quota minima di 4,20 euro/kg alla sorgente. Oggi il prezzo medio si aggira intorno agli 8 euro. La famiglia Deroma premia gli allevatori con prezzi più alti in base al valore di grasso e proteine, alla presenza di cellule somatiche e alla carica batterica. I singoli tagli di Pecorino vengono avvolti manualmente con sovraincarto marchiato (pratica in uso per il Parmigiano Reggiano). In azienda è stata avviata una scuola per allevatori.

Proprietà

Nei primi mesi di stagionatura, il Pecorino Romano ha colore paglierino, profumo intenso d’erba, sapore rustico, pasta granulosa. L’affinamento ne leviga l’impatto salino e gli odori primari, facendo emergere l’untuosa sapidità del glutammato (gusto umami), una leggera piccantezza e sentori di frutta secca. La persistenza in bocca è notevole.